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L’Ossobuco che Prelibatezza!

Chi non conosce l’ossobuco alla milanese? Un secondo piatto che, a dire il vero, può valere anche come piatto unico se abbinato al suo inseparabile compagno, il risotto allo zafferano.

Dal 2007 il Comune di Milano ha riconosciuto la ricetta tradizionale dell’ossobuco alla milanese come De.Co. (Denominazione Comunale), un titolo che viene assegnato alle prelibatezze locali divenute simbolo indiscusso della cucina del territorio.

Qualcuno fa risalire le origini di questo piatto al Medioevo, dato che l’uso degli stinchi e degli ossi con midollo si ritiene fosse comune già nel XII secolo, tra i primi a parlarne furono il cuoco letterato Giuseppe Sorbiatti (1827-1888), al servizio di ricche famiglie meneghine, e nientemeno che Pellegrino Artusi (1820-1911) nel suo libro La Scienza in Cucina e l’Arte del mangiare bene.

L’ Oss büs (osso bucato) in dialetto milanese basa tutta la sua importanza e specificità sul taglio dato alla carne e sul metodo di cottura. La carne è quella di vitello da latte, ed è spessa circa 4 cm. Il taglio che le si dà è trasversale e viene ricavato dalla segmentazione dell’osso, tanto da lasciarvi anche il midollo.

La vicinanza all’osso conferisce a questa carne una tenerezza inconfondibile. Le proporzioni tra carne e midollo devono però essere precise ed equilibrate; nel corso dei secoli sono state tante le varianti presenti in questa ricetta, ma la preparazione classica e, possiamo dire, quasi scientifica, prevede che ci si munisca di determinati ingredienti, codificati anche dalla cosiddetta “Confraternita dell’ossobuco”.

Le uniche varianti ammesse sono: l’acciuga salata nella gremolada; l’olio extra vergine d’oliva in aggiunta al burro o in sostituzione del burro; l’aggiunta di pochissimo pomodoro o estratto di pomodoro.