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LA STORIA DEI PIZZOCCHERI VALTELLINESI

C’era una volta una ricetta con una storia antichissima…

La storia dei pizzoccheri ha inizio a Teglio, un borgo in provincia di Sondrio, che vanta da più di quattro secoli la pratica della coltivazione del grano saraceno, ingrediente principale del piatto simbolo della Valtellina.

La prima volta che viene utilizzato il termine pizzoccheri è nel 1548 all’interno  del “Catalo dell’inventario delle cose che si mangiano, et delle bevande c’heggedì s’usano” di Ortensio Landi che citò come inventrice dei pizzoccheri una certa “Meluzza comasca” (all’epoca, con “comasca” si chiamavano in generale tutti gli abitanti attorno all’area del Lago di Como, e quindi anche la Valtellina).

In seguito, H.L. Lehmann, nella seconda parte della sua opera Die Republik Graubündeni, cita i “Perzockel” come una sorta di tagliatelle fatte di saraceno e di due uova. 

La pasta veniva cotta nell’acqua, poi si aggiungeva il burro e si spargeva subito il formaggio grattato. Nelle case contadine, e nei maggenghi, era più usuale produrre gnocchi con gli stessi ingredienti invece delle tagliatelle, poiché spesso non si disponeva di un tavolo dove fare la sfoglia. Per questo, l’impasto degli gnocchi rappresentava un modo per superare tale difficoltà.

Solo nei primi dell’Ottocento sulle tavole dei contadini più benestanti comparve la versione dei pizzoccheri che conosciamo attualmente.

Si lavoravano delle tagliatelle grossolane di grano saraceno con della farina bianca in proporzioni variabili a seconda dei paesi, cotte in abbondante acqua salata, in cui erano poste patate, verze o coste o fagiolini a pezzi.

I pizzoccheri venivano poi scolati e posti in una biella con strati di due tipi di formaggio a scaglie.

Il tutto veniva condito con strutto e aglio. In alcune zone anziché l’aglio si usava e si usa tuttora cipolla e salvia.